Chiara Ianni
Milano, ottobre, una mattina come tante

La sala d’attesa continuava a riempirsi, sentivo mancarmi l’aria. Un pincher impazzito abbaiava rabbioso e apparentemente senza motivo.
Il vociare delle persone si mischiava agli annunci dell’altoparlante, i treni in arrivo fischiavano sui binari, mi aspettavo quasi di sentire gli sbuffi delle locomotive di un tempo passato.
Mi sentivo fuori luogo in mezzo a tanta gente che stava per partire, io non andavo da nessuna parte. Aspettavo qualcuno che sarebbe rientrato nella mia vita ma non ero certa neppure di quello. Farla rientrare significava cambiare tutto, stravolgere l’intero corso della mia esistenza, ammesso che fino a quel momento ne avesse avuto uno.
Datemi tempo per pensare, datemi tempo avrei voluto urlare a quella gente. Che cosa sta succedendo?
L’avevo voluto quel momento, con tutte le forze, l’avevo sognato ogni notte fin dall’infanzia, avevo pregato un dio nel quale ormai non credevo più per farmi riavere mia madre, quella vera, per averla accanto.
Mi alzai di scatto, non potevo rimanere in quella sala d’attesa un minuto di più. All’arrivo del suo treno mancava ancora un’ora, perché ero arrivata così presto? M’infilai di corsa nel bar della stazione, forse lì avrei trovato riparo dalle voci che si agitavano dentro e fuori dalla mia testa.
Seduta al bancone ordinai un caffè.
Quando l’anziano e asciutto barista posò la tazzina davanti a me la guardai fissa. Quello poteva essere l’ultimo caffè della mia vecchia vita, passata senza mia madre, una vita che mi ero costruita da sola, senza i suoi consigli e la sua presenza.
Lo bevvi d’un fiato. Sapeva di lacrime e di assenza. Sapeva di liquido amniotico e di speranze che forse non sarebbero più state disattese. Quella tazzina d’inferno e futuro mi aveva bruciato la lingua e la gola e adesso lo sentivo scendere nel corpo.
Mi alzai dal bancone solo quando sentii l’annuncio del suo treno in arrivo.
Certa che l’avrei riconosciuta mi avviai al binario con il fiato mozzo, lo stomaco convulso e in bocca quel sapore amaro e tostato.
Finalmente solo di caffè.
Paolo Bertoncini
Milano, settembre, ore 14.10 circa

Sedili che odorano di cuoio in atmosfera blues. Tavoli in legno con infiniti caratteri incisi, segno di vita, di umanità, ricordi di troppe persone, di sogni, amori (andati a buon fine?), eterni nel tempo grazie a punte metalliche d'innocenti vandali. Un caffè parlando di lavoro, senza zucchero, senza usare il cucchiaino, senza troppi pensieri.

Liquirizia
Roma, agosto, ore 19.36 circa

Io lo prendo sempre macchiato con la schiuma... ma lo bevo anche macchiato freddo... e ah, con lo zucchero di canna!
Paolo Bertoncini
Lerici, agosto, ore 21.00 circa

Non serve comunicare, il semplice stare insieme, il prender contatto e stabilire delle abitudini. Bionda, montatura scura, un dolce sorriso. Tra le mani piattino e tazzina, il cucchiaino no, tanto non metto lo zucchero, avanza simile ad una visione celestiale scaturita dalla mia pigrizia. Il profumo del caffè caldo pervade la casa e i libri, decine, forse centinaia, poesie, prime edizioni e appunti, stipati su qualunque ripiano, dalle librerie ai tavolini, dal letto ai divani. Caffè sul tavolo, scruto tra le piante, le teste dei miei amici e la frangia di mia moglie. Come se fosse la prima volta, resto incantato a vedere la finestra spalancata sul mare, sul golfo di La Spezia, con un mare d'oro fuso e braci ardenti, un cielo ciano che sembra finto e una Liguria antica e preziosa come una poesia.
Paolo Bertoncini
Castro, maggio, ore 10.00

La cuccuma l'ha scesa, come dicono qui, e in pochi attimi è in tavola, vecchia e consunta, ma trasuda quella saggezza ed efficienza contadina che mi piace, che adoro. Lo verso nelle varie tazze, la mia per ultima, il profumo è un ottimo biglietto da visita. Lo bevo senza zucchero, assaporo il caffè del sud, buono, dannatamente buono per esser fatto in casa. E' la prima volta che bevo un caffè sotto Roma. L'aria sa di campagna speziata all'incenso, forse per le sterpi che stanno bruciando, forse per mille altri motivi. Decido che mi verso un'altra tazza e poi si parte!