Paolo Bertoncini
Milano, sabato di mercato, novembre
L'ansia di aver dimenticato di spostare l'auto venerdì sera, è uno dei miei principali fattori di "sveglia tachicardica e terribile" del sabato mattina. Il panico di quello che può succedere alla mia opel dimenticata... l'ira dell'ambulante in piedi dall'alba per montare il suo stand, la sua bancherella, o posizionare il suo camion e iniziare a cuocere i polli allo spiedo...ed ecco lì l'opel di qualche stronzo che non ha letto i cartelli. Se va bene viene rimossa, se va male viene rimossa uguale, ma con la scritta STRONZO incisa sulla fiancata. Mi gusto assonnato il mio caffè, felice di averla spostata, di poter fantasticare di questa mia paura sapendomi al sicuro, con l'auto in un'altra via, che riposa pigramente sotto un cielo grigio come lei.
Chissà se capita spesso che ci si dimentica la macchina?
Paolo Bertoncini
Milano, novembre
Una colonna sonora che rimbomba nelle orecchie, battendo costantemente al tempo, incalzando, pioggia sporca e fredda, che ti colpisce a tradimento tra il collo e la camicia, una pugnalata alle spalle; rimbombano i bassi in queste albe meccaniche, in questa città grigia e laboriosa, in questa crisi economica a cui non bisogna pensare per sopravvivere: alzo lo scudo, la musica sale, accompagna il film che mi circonda, è la mia colonna sonora, protagonista indiscutto della mia attuale vita. Ho una meta, un porto franco che mi isola ancora per poco dal lavoro, la luce del bar sempre più vicino, l'aroma del caffè che copre l'umido asfalto e il mortale piombo di cui puzza la vita a Milano: un caffè, per dimenticare, per sognare, un caffè per sentirsi ancora un poco in ferie. Caldo, dolce, fedele caffè.
Silvana Perotti
Napoli, 25 ottobre 2008 - 16,50
Gli occhi fissi al televisore guardo Veltroni parlare dal palco del Parco Massimo a Roma, davanti a una folla enorme che sventola bandiere del Pd. I colori predominanti sono il bianco e il verde, con una spruzzatina di rosso. In mano una tazzina di caffé fatta per l'occasione con la napoletana vera, quella di Eduardo, con il 'coppettiello' di carta che trattiene l'aroma, e che non usavo da anni, ascolto le parole di Walter e le condivido ad una ad una. Poi riguardo la piazza e mi dispiace non essere lì, insieme agli altri, a sentire odore di umanità sudata, entusiasta, ad essere amica di ognuno dei due milioni e più di persone che sono in quella piazza.
Mentre Walter continua a parlare porto la tazza alla bocca e un sapore quasi dimenticato mi appanno lo sguardo, e invece di quella piazza in cui prevale uno sventolio di bianco, vedo una marea di bandiere rosse e un altro che parla dal palco e la folla che grida: "Enrico... Enrico..."
C'ero anch'io quella volta, come c'ero ad ogni manifestazione, ad ogni occupazione, sempre a sventolare quel pezzo di rosso, magari davanti a una fabbrica o in prima fila di fronte ai poliziotti schierati.
Allora ci chiamavamo 'compagni' e molti di noi sono diventati davvero compagni nella vita, perdendo a poco a poco per strada stracci di entusiasmo e di rosso.
Ma allora ci credevamo davvero, sognavamo le comuni, noi ragazze sfilavamo urlando "tremate, tremate, le streghe son tornate!" e levavamo in alto le dita in quel triangolo che tanto scandalizzava i nostri genitori.
Io alle manifestazioni andavo sempre con uno zainetto di tela verde sulle spalle ed ero quella che portava il caffé, dentro un thermos da un litro che bevevamo nei bicchieri di plastica portati da casa, seduti sull'erba, o ai piedi di un monumento, e c'era sermpre qualcuno che mi chiedeva: "Compagna ce n'è ancora per me?" Uno di questi aveva gli occhi azzurri come un pezzo di vetro e mi ha insegnato a fare all'amore, ma poi è andato troppo oltre, è entrato in clandestinità e ha fatto la guerra allo Stato.
Io no, io ho continuato a sfilare e ho manifestato anche contro quelli come lui.
Sempre con il mio zainetto e il thermos del caffé, prima da sola e poi con mio figlio sulle spalle, finché le piazze erano ancora colorate di rosso, a cantare a squarciagola 'Contessa' e ' Bella Ciao'.
Solo una volta sono andata senza lo zainetto e il caffé, sono andata solo per esserci anch'io, per piangere insieme agli altri, giovani, vecchi, operai e studenti, donne con la borsa della spesa e padri con i figli per mano, tutti con gli occhi gonfi, increduli che se ne fosse andato quell'uomo così minuto e che era un gigante, e tutti lì a salutarlo col pugno chiuso e l'Unità in mano, su cui era scritto a tutta pagina: "Addio". Addio a Enrico Berlinguer.
Ritorno in me e mi rimetto a guardare Walter. Parla bene, ma la tristezza mi chiude la gola, se penso a che miseri nemici abbiamo adesso.
Paolo Bertoncini
Cernusco sul Naviglio, sabato 18 ottobre 2008 - 11.30 AM
Ogni bar, caffetteria è un mondo a parte. Sembrano tutti simili, uguali, ma non lo sono. Tutti hanno la loro storia, le loro gioie, i loro problemi; ogni bar ha la sua clientela fissa, che lentamente si conosce anche se non parla, chiusi da questo desiderio di fare amicizia tipico del Nord, chiusi in questo ermetico cordiale senso di appartenenza. Si guarda, si accenna, forse si saluta addirittura, e poi il silenzio. Eppure in provincia qualche posto si salva, e si respira ancora cordiale simpatia, quella simpatia tipica delle locande o delle trattorie di una volta. Mia mamma si dirige sicura verso il bar più bello e accogliente tra le vie della parte vecchia di Cernusco. Anche io pensavo di andare lì, ma lei quel posto lo conosce, non è una questione di estetica e accoglienza. Lì aveva preso un fantastico caffè shakerato con papà durante un loro giro in bici. Povero papà, mentre noi prendiamo qualcosa di caldo per la nonna tu sei in ospedale... è una situazione terribile, eppure in questa situazione sono stato davvero fortunato: lui c'è ancora, ho rischiato di non potergli più dire tutto quello che mai gli avevo detto, di non potermi più sedere al suo fianco e sentire le sue battute sempre uguali, ma così speciali e belle per me: potrei addirittura indovinarle prima che le dica, eppure ora che non le sento ho un vuoto tremendo dentro. Sorrido a mia mamma che mi guarda e che anche in questa circostanza non ha mai vacillato; ricambia il sorriso e dice - Il bar è questo! Ci sediamo? così prendiamo tutti qualcosa di caldo!- entriamo, io aiuto mia nonna.
Il bar è gestito da qualcuno che lo ama, che lo vizia, si sente la cura e la pulizia ovunque. Il bancone è ricco di torte casalinghe, brioches... il giovane proprietario ci sorride amabile, indica un tavolo e ci consiglia di sederci, che lui arriva subito.
In silenzio prendiamo due cappuccini e un latte macchiato. Parliamo poco, ma ci stiamo scaldando, siamo tutti vicini; anche se spesso discutiamo, siamo tutti vicini. Vicini anche se lontani, e lo saremo sempre.
Paolo Bertoncini
Trentino Alto Adige 11 ottobre 2008 - 10,30 AM
Stringo gli occhi e osservo questo sole miracoloso, surreale; mi lascio accarezzare dal suo calore, mi coccolo con il suo abbraccio. Ovunque azzurro intenso, l'aria è pungente, eppure in felpa ho caldo. L'accento tedesco mi riporta alla realtà, guardo senza pensare gli occhi azzurro verdi che mi sorridono e mi dicono di nuovo -Io prendo un macchiato, ti fai mezza brioches con me? però alla crema, ok?- Sorrido e annuisco, perchè leggo la gioia e l'entusiasmo delle piccole cose nella sua voce, leggo l'amore che ci unisce e la felicità di un caffè all'aperto in montagna. Mi proteggo gli occhi con la mano guardando la sagoma controsole della cameriera. Mi chiede nuovamente cosa prendiamo con il suo accento tedesco - Due macchiati e una bri... avete ancora un krapfen? - Si, ne è rimasto uno alla krema - Perfetto, allora due macchiati e un krapfen tagliato a metà.
Chiudo gli occhi e assorbo il sole, in silenzio. Non serve parlare. Sento Chiara che è felice e sta cercando la gazzetta, ma non devo vederla per saperlo, e intanto, un profumo perfetto mi annuncia già quello che sta arrivando. Non disturbatemi brutti pensieri, problemi ed ansie, non infastiditemi almeno per oggi, perchè oggi è un giorno perfetto.
Web designer
un giorno qualunque, un'ora qualunque
Un buon caffè, l'header ed il footer di ogni santo giorno.
Silvana Perrotti
sabato 4 ottobre, 23, 30
Era il suo ultimo anno di vita, e io non lo sapevo. Non potevo immaginare il giorno in cui non l'avrei visto più, anche se era già vecchio, molto vecchio, e se sapevo da anni della sua malattia. Ma era mio padre e quindi era eterno, anche se non poteva più fare le scale perché gli mancava il fiato, ed anche qualche passo lo affaticava. Aveva un enfisema polmonare, ma non si lamentava mai, e la notte, quando il letto non gli permetteva di respirare, si sedeva in cucina e leggeva. La mattina trovavo il libro aperto, con la piega in cima alla pagina a cui era arrivato.
Un libro che conservo, col segno dell'ultima pagina che ha letto.
E anche in quell'ultimo anno, come in tutti gli anni della vita che ha passato vicino a me, prima e dopo le separazione dovute ai fatti naturali della vita, amori, lavoro, un figlio, sempre la mattina mi ha portato il caffé nel letto.
Si alzava presto apposta per portarmi il caffé. Insieme a una spremuta d'arancia. Posava entrambi su un piccolo vassoio e bussava alla porta della mia camera: "Sono le sette - dicevi - puoi stare ancora qualche minuto, poi ti devi alzare" e se ne usciva, con quella sua vecchia giacca da camera color cammello e la schiena un poco curva.
Era buono il caffé che mi portava, aveva un sapore speciale, che mi è rimasto nella memoria, come quelle mattine in cui mi dava il buongiorno in cucina, e io quasi non rispondevo, e mi chiedeva:
"Come hai dormito?" e solo per dire quelle poche parole gli mancava il fiato, doveva usare quell'aggeggio che si infila in bocca e si aspira, ma sorrideva come per dire che non era niente, che lui stava bene.
Io mi chiudevo in bagno, era lui a svegliare mio figlio e a preparargli la colazione, e quando uscivo dopo la doccia, mi chiedeva:
"Lo vuoi un altro caffé?" e quello lo prendevamo isieme, e lui mi chiedeva di fargli fare un tiro dalla mia sigaretta. "Tanto mamma dorme e non vede", mi diceva strizzandomi un occhio.
Me lo portavo appresso il sapore del suo caffé, insieme ai suoi occhi buoni e al calore della sua mano quando, per svegliarmi, mi carezzava i capelli.
Da allora, e ne sono passati di anni, il caffé a letto non me l'hanno portato più. Ma va bene così, perché non avrebbe più quel sapore.
Angelica
una mattina
Uno, due, tre....potresti girarti e rigirarti all'infinito dentro quel letto caldo, la sveglia suona, la luce ormai invade la stanza,ma niente ti convince a mettere un piede fuori!
Poi eccolo, è il suo profumo, apre la porta, ti infila la vestaglia e ti porta sul divano...i capelli hanno ancora quel tocco in più che solo il cuscino ti sa dare, non hai ancora le dita prensili, la deambulazione ancora dorme, ma non si sa come riesci a bere il caffè, TIENI IN MANO LA TAZZINA E NON TI CADE!!!!!!!!!
Lo consideri quasi un miracolo ma ormai è così da almeno dieci anni e ci hai fatto il callo....Dio c'è, si chiama Caffè
Silvana Perotti
pomeriggio 17,58
la testa ficcata nel computer, mi cimento con il famoso romanzo che sto scrivendo e che non finisco mai. Trovo tutte le scuse per distrarmi, rispondo a una mail, spazzolo il gatto e poi cerco di rimettermi a scrivere. Però prima, quasi quasi mi faccio un caffé. Mentre il caffé sale mi viene l'ispirazione e batto sui tasti come una pazza, finché un odore di bruciato non mi penetra nelle narici. Cazzo! Ho fatto fuori un'altra macchinetta. Adesso mi tocca telefonare al bar. A dire il vero il caffé del bar è un'altra cosa! Ti lascia in bocca un sapore che cerchi di trattenere a lungo, e che chiede disperatamente di metterci sopra una sigaretta. Si prende in molti modi, il caffé del bar. Caldo, freddo, granitato, lungo, corto, macchiato, schiumato, zuccherato, amaro, con ildolcificante, in tazza calda, in tazza fredda, decaffeinato, allungato con grappa o con qualche altra cosa. Prima di berlo è indispensabile bere un bicchiere d'acqua per preparare la bocca e liberararla dagli altri sapori.
Gli amici si scelgono da come fanno il caffé: a casa di Antonella il caffé è imbevibile, annacquato, leggero, acqua sporca, insomma. Ogni volta, alla immancabile domanda: "Lo volete un caffé?" mi vengono i brividi al solo pensiero, e mi posizione vicino al ficus per versarcelo dentro. Rosalba invece lo serve dentro a certe tazzine di fine '800, piene di crepe, che ho sempre il terrore di rompere. A proposito, anche la tazzina è importante, per il caffé. Non deve essere alta e stretta, né troppo larga. Non deve essere troppo sottile, né troppo spessa. C'è la tazzina per il caffè della mattina e quella per l'ultimo caffé della sera, verso mezzanotte, che a me fa da sonnifero, difatti mi dico: Mi prendo un caffé, leggo una diecina di pagine e poi dormo.
Quando esco c'è sempre il solito amico che costringi a fermarsi al bar e che ti chiede: "Ma come, prendi il caffé a quest'ora? E poi come fai a dormire?" Ma due etti di cazzi tuoi mai, eh!
Dimenticavo: avete presente il caffè dopo l'amore? Gli uomini della mia vita non lo sanno, ma quando, dopo aver fatto l'amore, non ho preso un caffé, voleva dire che la storia era finita. E il caffè me lo prendevo a casa mia, in beata solitudine!
Paolo Bertoncini
una domenica di settembre, 14.45

un cielo grigio e pigro dallo spiraglio della finestra. Penombra e luce elettrica che si mescolano in un'atmosfera fredda e autunnale. Osservo senza pensieri la caffettiera bicolore,fiamma al minimo. Lo sguardo cade sul mio "nuovo" vecchio macinacaffè degli anni trenta, un piccolo gioiello di mia nonna, un ricordo della mia infanzia, un mix di profumi, aromi ed emozioni. Ha parti in acciaio lucidissime, eppure quanti l'avranno usato, quante emozioni a base di chicchi tostati, di chicchi scuri avrà regalato. Verso il caffè. immancabilmente due gocce sul piano cottura. Sorrido, e già mi sento meglio, la tazza calda tra le mani, quel profumo inebriante.
Valentina Revald
un giorno qualunque 01:00 a.m.
"Il caffè a quest'ora?" dice lui con la faccia di chi ha visto un mostro.
"Che noia, ecco che ricomincia" penso io. Mi chiedo: che c'è di male nel prendere il caffè di notte?
Poi magari dopo il caffè, prendendo il pacchetto di sigarette mi dirà: "Anche la sigaretta?"
Ma che ha la gente! Sempre a giudicare. Se per caso,però, gli fai notare che tu passi quotidianamente sopra anche alla più assurda delle loro abitudini, dalla frittura sei giorni su sette, al non fare un passo a piedi nemmeno per andare a comprare il giornale all'angolo della strada, hanno pure il coraggio di risponderti "ma chi ha detto niente". Pausa, e poi "e comunque sappi che lo dico per te!" Appunto, per me. Sarò in grado di decidere cosa e giusto e cosa no?
Il caffè io lo prendo a tutte le ore e in tutte le maniere: amaro, dolce, macchiato. E la preparazione è un rituale che mi godo in tutte le sue fasi. Specialmente d'inverno, quando le mie mani sono costantemente gelide e, aspettando che il caffè salga, le metto a riscaldare vicino al fuoco. L'aroma che penetra le narici e, infine, il brontolio. La tazzina calda tra le mani ed ecco l'estasi. Che buono il caffè!
Silvana Perotti
Scendo le scale con il gusto ancora in bocca, porca la miseria non ho avuto nemmeno il tempo di farmi una sigaretta, ho gli occhiali neri perchè non ho avuto il tempo di truccarmi e lo faccio sempre in ufficio, chiusa a chiave nel bagno, dove resto per almeno un quarto d'ora, prima di affrontare i colleghi che parlano, parlano, parlano a prima mattina e si sono svegliati alle sei per essere in ufficio alle otto. Io mi sono svegliata alle sette e un quarto e mi è andata già bene. Esco dal bagno e vado alla macchinetta per prendere il primo schifossissimo caffé della giornata lavorativa, ma il governo questo passa. Alla macchinetta incontro il ragioniere del primo piano, il cassiere e la segretaria del direttore amministrativo. Stanno commentando l'Isola dei famosi e il loro fiato puzza disgustosamente di caffè e sigarette. Bevo in silenzio e fuggo, inseguita dai soliti commenti su chi mi credo di essere.
Aida Mino
28 agosto , Giovedi , ore 04:42 am
Le prime ore del Alba , Sto parlando con i miei amici Ricordando i giorni pasati insieme , Scene e memorie di Ogni momento , e una lacrima Sulla guancia mi fa tornare alla realtà , e La voce del mio amico Che dice : La cosa migliore in tali momenti un caffe , così si è conclusa una serata di ricordi passati e una tazza di caffè.